Il potere di amministrazione è il potere di gestire la società nell’ambito dei doveri previsti dalla legge e dall’atto costitutivo, compiendo tutti gli atti e assumendo tutte le iniziative utili al conseguimento dell’oggetto sociale.
Il potere di rappresentanza consiste, invece, nella legittimazione (sostanziale e processuale) a esprimere verso l’esterno la volontà sociale, impegnando la società nei rapporti con i terzi. Il potere di rappresentanza è normalmente, ma non necessariamente, attribuito a chi esercita il potere di amministrazione.
Il potere di amministrare e di rappresentanza non vanno confusi con la rappresentanza ordinaria. La posizione degli amministratori, infatti, è del tutto peculiare: si tratta, della c.d. rappresentanza organica, in cui il rappresentante ha funzione di organo esterno dell’ente giuridico ed è investito del potere di manifestare la volontà di tale ente. La fonte del potere del legale rappresentante, quindi, non è un negozio (come la procura), ma la
legge o lo statuto dell’ente.
L’amministratore “legale rappresentante”, quindi, non ha un potere derivato (come quello del procuratore), ma un potere diretto in quanto organo dell’ente (c.d. immedesimazione organica).
Tale rapporto organico che lega l’amministratore alla persona giuridica, non esclude comunque l’applicabilità delle norme in materia di rappresentanza negoziale, in quanto compatibili (artt. 1387 c.c. e ss.).
I poteri gestori e di rappresentanza sono pacificamente trasmissibili, pur con alcuni limiti, mediante due strumenti che spesso, nella prassi, vengono maldestramente assimilati e persino confusi l’uno con l’altro: la delega e la procura.
È ben vero, infatti, che delega e procura costituiscono due diverse modalità attraverso cui è possibile trasferire poteri gestori e di rappresentanza nel contesto societario, ma tra loro differiscono soprattutto per gli aspetti soggettivi: la delega è conferita da amministratori ad altri amministratori, mentre la procura è conferita da amministratori a terzi.
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