Secondo l’innovativa pronuncia che si annota non vi è un’automatica inerenza tra i debiti assunti per ragioni professionali o imprenditoriali e il soddisfacimento dei bisogni della famiglia del debitore.

La Suprema Corte, in particolare, ha affermato che, da un lato, contrariamente a quanto sostenuto dall’orientamento maggioritario, non sussiste alcuna presunzione di inerenza tra debiti professionali o imprenditoriali e soddisfazione dei bisogni della famiglia e che, per contro, dall’altro lato, sulla base della comune esperienza, sussiste la presunzione tale per cui i debiti assunti nell’ambito dell’esercizio dell’impresa o della professione non abbiano pertinenza alcuna con il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, salvo prova contraria; ossia il creditore, per poter agire in executivis, deve dimostrare che il debito, ancorché assunto nell’ambito dello svolgimento dell’attività d’impresa o professionale, diversamente dall’id quod plerumque accidit, è eccezionalmente volto a soddisfare i bisogni della famiglia in via immediata e diretta. La pronuncia, quindi, si discosta notevolmente dalla giurisprudenza di legittimità maggioritaria e, ove dovesse consolidarsi, potrebbe aprire un nuovo solco nella tutela adducibile al fondo patrimoniale.

 

La sentenza in breve

Il socio di minoranza di una società a responsabilità limitata presta, a una banca, una fideiussione a garanzia di un finanziamento concesso dalla banca alla società stessa. La società non onora il debito e la banca escute la garanzia, aggredendo i beni immobili del fideiussore costituiti in fondo patrimoniale in data anteriore alla notifica del pignoramento.

Nell’ambito della procedura esecutiva promossa dalla banca, il socio e il coniuge propongono opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. che, però, viene rigettata. Il debitore, in via principale, e il coniuge, in via incidentale, quindi, impugnano la sentenza innanzi la Corte d’Appello che, tuttavia, respinge i gravami, confermando la pronuncia di primo grado.

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